Lyme, quando la malattia non scompare

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La maggior parte delle persone colpite dalla malattia di Lyme ritorna in salute dopo il trattamento antibiotico, ma una minoranza continua a manifestare sintomi per la durata di mesi o anni.

Affaticamento, dolore ai muscoli e alle articolazioni, mal di testa, insonnia, difficoltà di concentrazione e di memoria sono i disturbi più frequenti.

Fino ad oggi la ricerca scientifica non è stata in grado di identificare il motivo per cui si presentano, quali sono i fattori che li predispongono e, soprattutto, come curarli e prevenirli.

 

Un contributo di conoscenza

 

Il 21 gennaio 2022 la rivista Frontiers ha pubblicato un approfondimento sui progressi realizzati nella comprensione della malattia di Lyme persistente partendo da tre domande-chiave:

- i sintomi a lungo termine sono dovuti a un'infezione non risolta o a fenomeni post-infettivi?

- come riconoscere e distinguere la “long-Lyme” da altre malattie che provocano stanchezza, dolore muscolo-scheletrico diffuso e affaticamento?

- un trattamento antibiotico prolungato può risolvere o alleviare i disturbi?

 

Le cause

 

In base alle ricerche pubblicate lo studio esprime un forte sostegno all’ipotesi che a innescare la malattia persistente sia “l’infezione non risolta da Borrelia” (agente responsabile della malattia di Lyme).

Considera invece “solo speculativa” l’attribuzione dei sintomi persistenti a fenomeni post infettivi, come l’autoimmunità indotta da alterazioni del sistema immunitario.

 

La diagnosi

 

Lo studio ammette che il riconoscimento della malattia persistente pone non poche sfide perché:

- la maggior parte dei pazienti non ha segni oggettivi per la malattia di Lyme

- il quadro clinico si sovrappone a quello della sindrome da stanchezza cronica e della fibromialgia

- durante i sintomi di lungo periodo non ci sono ancora test in grado di rilevare direttamente la presenza della Borrelia.

Lo studio affida quindi la diagnosi alla storia clinica del paziente, a eventuali manifestazioni associate e ai risultati delle indagini sierologiche.

 

Il trattamento

 

Lo studio fa una comparazione fra diverse terapie antibiotiche utilizzate nel trattamento dei sintomi persistenti ed evidenzia:

- una maggiore efficacia della tetraciclina rispetto alla doxiciclina sia in termini di dosaggio, sia di durata del trattamento

- un'efficacia clinica limitata degli antibiotici beta-lattamici, incluso il ceftriaxone per via endovenosa, anche se in grado di offrire un sollievo temporaneo dei sintomi

- un valore clinico ridotto degli antibiotici macrolidi (come ad esempio eritromicina, claritromicina, azitromicina)

- l'assenza di benefici dall’uso di ceftriaxone per periodi di tempo fino a 6 mesi.

Lo studio rileva anche l’importanza di considerare la durata della sintomatologia persistente ai fini di stabilire la durata del trattamento antibiotico e riporta:

- i pazienti con sintomi persistenti da meno di un anno hanno mostrato una remissione dei disturbi con un ciclo di trattamento di 3-6 mesi

- per i pazienti con sintomi persistenti da 2 o più anni il successo del trattamento ha richiesto una durata della terapia di 6 o più mesi

- nei pazienti con sintomi persistenti per 5 o più anni l’efficacia del trattamento ha richiesto fino a 18 mesi di terapia.

 

Le direzioni future

 

Lo studio infine indica tre direzioni alla ricerca scientifica:

- trovare un test diagnostico capace di indicare la presenza o l'assenza della Borrelia nella malattia di Lyme persistente

- valutare l’efficacia di regimi di trattamento che utilizzano diversi antibiotici o una combinazione di antibiotici, continuando anche le ricerche per lo sviluppo di farmaci innovativi

- approfondire il meccanismo di "resistenza" della Borrelia al trattamento antibiotico.

 

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