50 anni di Lyme: scoperti segnali cerebrali della guarigione

In chiusura del 2025, anno in cui si celebra il 50° anniversario della malattia di Lyme, una ricerca del Johns Hopkins Lyme Disease Research Center getta nuova luce sui segnali cerebrali che potrebbero predire la guarigione completa dalla malattia.

Dal Connecticut al cervello: la storia di una scoperta

Correva l’anno 1975 quando nelle zone boschive di Old Lyme, in Connecticut, si è individuata per la prima volta una sindrome caratterizzata da artriti e “arrossamenti” (rash) cutanei, poi denominata “malattia di Lyme”.

Nel 1981 lo scienziato Willy Burgdorfer ne ha isolato il batterio responsabile, la Borrelia burgdorferi, consentendo di:

  • identificare la malattia come un’entità clinica a sé stante
  • sviluppare i metodi per diagnosticarla
  • trovare le terapie antibiotiche più efficaci.

Da allora la ricerca ha fatto progressi importanti, ma permangono sfide cliniche, in particolare per i pazienti che sviluppano sintomi persistenti dopo il trattamento (affaticamento, dolore muscoloscheletrico diffuso e/o difficoltà cognitive), noti come sindrome della malattia di Lyme post trattamento (PTLDS).

Una “firma cerebrale” che predice la guarigione

Il nuovo studio della Johns Hopkins ha utilizzato tecniche avanzate di risonanza magnetica funzionale (fMRI) per misurare l’attività cerebrale nei pazienti completamente guariti, confrontandoli con quelli che hanno sviluppato PTLDS e persone sane. I partecipanti sono stati seguiti nel tempo con scansioni cerebrali ripetute e valutazioni cliniche per monitorare i cambiamenti nell’attività cerebrale e nei sintomi.

I ricercatori hanno così scoperto che, durante le prime fasi dell’infezione, segnali robusti di attività della sostanza bianca (la rete di fibre nervose che serve a permettere lo scambio di informazioni da una parte di cervello all’altra) erano associati a migliori prestazioni cognitive, umore più stabile e minori sintomi generali, ovvero a una maggiore probabilità di guarigione completa.

La scoperta di un possibile marker biologico

Lo studio ha quindi rilevato che i pazienti privi di un’analoga risposta cerebrale precoce sembravano più inclini a sviluppare sintomi di lungo periodo.

Tale scoperta ha suggerito di considerare i cambiamenti biologici della materia bianca un possibile marker precoce del rischio di malattia di Lyme post-trattamento (PTLDS) .

Perché è una scoperta importante

Il dato sorprendente – che un’attività cerebrale all’inizio dell’infezione possa indicare migliori probabilità di guarigione – apre nuove prospettive nella diagnosi e nel trattamento della malattia di Lyme.

In pratica, la scoperta potrebbe aiutare a:

  • identificare precocemente chi è a rischio di sviluppare sintomi di lunga durata;
  • personalizzare i percorsi di cura, con strategie di trattamento in grado di supportare processi cerebrali;
  • migliorare la qualità di vita per i pazienti, contribuendo a ridurre i sintomi persistenti.

Un anniversario che guarda al futuro

A mezzo secolo dalla sua prima identificazione, la malattia di Lyme continua a essere un campo di studio ancora ricco di sfide. La nuova ricerca di Johns Hopkins aggiunge un tassello alla comprensione di come il nostro organismo reagisce all’infezione e segna un possibile passo in avanti nel formulare la prognosi e orientare il trattamento con strategie terapeutiche mirate.

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