La Sindrome Alfa-Gal, l’allergia alla carne rossa scatenata di morsi di zecca, registra il primo decesso negli Stati Uniti. Lo rivela uno studio appena pubblicato sul Journal of Allergy and Clinical Immunology: In Practice, che richiama l’attenzione su un rischio serio ed emergente anche in Italia.

Che cos’è la Sindrome Alfa-Gal

La Sindrome Alfa-Gal è un’allergia alimentare causata dalla sensibilizzazione alla molecola di zucchero alpha-gal, presente nella carne di mammiferi come manzo, maiale, agnello e nei prodotti derivati (latticini, formaggi, gelatine alimentari).

La sensibilizzazione avviene generalmente dopo i morsi di zecca: attraverso la saliva, la zecca introduce la molecola nel sangue, attivando una risposta immunitaria. Quando la persona successivamente consuma carne rossa o derivati, può sviluppare una reazione allergica che può variare da sintomi cutanei e gastrointestinali fino allo shock anafilattico improvviso e grave.

Come si manifesta la reazione allergica

Una caratteristica critica della Sindrome Alfa-Gal è la latenza: i sintomi non si manifestano subito, ma da 2 a 6 ore dopo l’ingestione della carne.

Tra le manifestazioni più comuni:

Questa variabilità e il ritardo nella comparsa dei sintomi spesso portano a diagnosi tardive o errate, soprattutto se non si collega la reazione a un precedente morso di zecca.

Il caso che ha acceso l’allarme negli Stati Uniti

La vittima è un uomo di 47 anni del New Jersey. Dopo aver mangiato una bistecca durante un campeggio e, due settimane dopo, un hamburger accompagnato da una birra, ha sviluppato una reazione allergica severa, culminata nel decesso alcune ore dopo l’ultimo pasto.

L’autopsia ha inizialmente refertato il caso come “morte improvvisa inspiegata”. Solo analisi più approfondite effettuate presso l’Università della Virginia hanno permesso di identificare la Sindrome Alfa-Gal come causa del decesso.

Perché la reazione è stata così grave

Secondo gli esperti, diversi fattori possono aver contribuito ad aggravare la risposta allergica:

Questi elementi sono stati indicati co-fattori in grado di amplificare l’intensità della reazione.

La Sindrome Alfa-Gal riguarda anche l’Italia

La sindrome, anche se meno diffusa rispetto ad altre malattie trasmesse dalle zecche, è considerata un rischio emergente e molto serio. Un caso clinico descritto nel 2015 e una ricerca del 2017 documentano casi anche in Italia, associati alla zecca Ixodes ricinus, la comune zecca dei boschi.

La difficoltà diagnostica, unita all’ampia diffusione delle zecche e agli effetti dei cambiamenti climatici, lascia supporre che i casi reali possano essere sottostimati.

Come proteggersi dal morso di zecca

Per ridurre il rischio:

Chi manifesta sintomi (dolore orticaria, addominale, gonfiore o disturbi gastrointestinali) alcune ore dopo aver consumato carne rossa deve:

In caso di diagnosi è necessario evitare carne di mammiferi e derivati, compresi gelatine, brodi pronti e alcuni prodotti contenenti grassi animali.

Vanno anche evitati ulteriori morsi di zecca perché possono:

Le implicazioni

Il decesso registrato negli Stati Uniti conferma che la Sindrome Alfa-Gal è un serio problema da conoscere.

Occorre aumentare la consapevolezza tra cittadini e operatori sanitari sulle reazioni allergiche ritardate dopo un pasto con carne rossa, soprattutto in soggetti che frequentano ambienti a rischio zecche e che potrebbero essere sensibilizzati all’alfa-gal senza saperlo.

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Uno studio dell’Università di Sassari segnala una potenziale circolazione silente della malattia di Lyme in Sardegna.

La ricerca, pubblicata su Healthcare, accende l’attenzione sulla circolazione della Borrelia, il batterio responsabile della malattia e conferma la presenza del principale vettore, la zecca Ixodes ricinus, anche in territorio sardo.

Per i ricercatori, l’assenza di un sistema di sorveglianza strutturato rende difficile valutare il rischio reale di infezione. L’unica indagine siero-epidemiologica precedente, condotta nei primi anni ’90 su adolescenti del nord Sardegna, aveva già indicato una sieroprevalenza del 6,1%, suggerendo una possibile esposizione storicamente sottostimata.

I risultati della ricerca

Lo studio ha analizzato la presenza di anticorpi anti-Borrelia in campioni di siero raccolti tra il 2006 e il 2014 da pazienti ospedalizzati per sospetta malattia reumatica, conservati presso la banca del siero dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Sassari.

Dai 58 campioni esaminati, 9 (15,5%) sono risultati positivi ai test specifici. Un dato che, pur su un campione circoscritto, suggerisce una “endemicità silenziosa” della malattia di Lyme in Sardegna e la necessità di rivalutare l’attuale percezione del rischio.

Sottodiagnosi e appello alla sorveglianza

Oltre ai risultati sierologici, anche un recente caso di neuroborreliosi in un paziente sardo settantenne senza storia di viaggi conferma che l’infezione potrebbe essere sotto-riconosciuta e sotto-segnalata nell’isola.

La Sardegna presenta infatti caratteristiche ecologiche favorevoli al mantenimento di un ciclo endemico di Borrelia: estese aree forestali, elevata densità di fauna serbatoio e una forte presenza di lavoratori impiegati nei settori forestale e agricolo. A questo si aggiungono i cambiamenti climatici – inverni più miti e umidi – che favoriscono l’aumento dell’attività delle zecche e il prolungamento del periodo di rischio.

La prospettiva One Health

I risultati evidenziano l’urgenza di potenziare la sorveglianza epidemiologica della malattia di Lyme in Sardegna, adottando un approccio integrato One Health. La regione infatti ha le caratteristiche di potenziale “hotspot emergente” per il Mediterraneo e rappresenta un contesto ideale per sperimentare sistemi di monitoraggio che uniscono:

Gli autori dello studio suggeriscono anche la creazione di un database regionale centralizzato che raccolga punture di zecca, diagnosi confermate e risultati sierologici per migliorare il rilevamento precoce dei casi di Lyme e la risposta sanitaria.

I lavoratori più a rischio

Lo studio evidenzia come alcuni gruppi professionali siano maggiormente esposti ai morsi di zecca e quindi al possibile contagio: lavoratori forestali, agricoltori, operatori del monitoraggio ambientale e personale impiegato nella gestione della fauna selvatica.

Per questi lavoratori è fondamentale aumentare la percezione del rischio e promuovere misure di prevenzione adeguate, poiché la malattia di Lyme è ancora poco conosciuta in Sardegna e spesso non immediatamente considerata nel percorso diagnostico.

L’importanza dello studio

Le regioni insulari italiane restano ad oggi poco esplorate dal punto di vista epidemiologico per la malattia di Lyme, soprattutto a causa della mancanza di una raccolta sistematica dei dati.

In questo scenario, lo studio dell’Università di Sassari contribuisce a:

Conferma inoltre che anche gli ecosistemi mediterranei insulari possono supportare la circolazione del patogeno, ribaltando la percezione della Sardegna come area marginale per le malattie trasmesse da zecche.

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Nuove raccomandazioni su diagnosi, test di laboratorio, terapia e uso degli antibiotici nei bambini.

L’Associazione tedesca delle Società Medico-Scientifiche (AWMF) ha pubblicato l’aggiornamento delle linee guida per la diagnosi e il trattamento della neuroborreliosi, una seria complicanza della malattia di Lyme che coinvolge il sistema nervoso centrale.

Per gli estensori del documento le manifestazioni neurologiche si verificano nel 3-15% dei casi di infezione e possono colpire adulti e bambini con quadri clinici di varia gravità.

Le nuove linee sono state approvate da 23 Società Scientifiche Mediche tedesche, svizzere e austriache e con il consenso di due associazioni di malati operanti in Germania.

Gli effetti della neuroborreliosi negli adulti

Le nuove linee guida tedesche confermano la variabilità delle manifestazioni con cui la neuroborreliosi può esprimersi.

Negli adulti, in particolare, ricordano che il coinvolgimento del sistema nervoso può causare:

MANIFESTAZIONE  SINTOMI  
RADICOLITEdolore (bruciante, penetrante, lancinante o lacerante) che peggiora di notte e può cambiare localizzazione; paresi.
MENINGORADICOLONEURITEdeficit dei nervi cranici, con frequente interessamento del nervo facciale (80% dei casi).
MIELITEandatura instabile per mancanza di coordinazione e rigidità muscolare; disfunzione vescicale; paresi alle gambe o a tutti gli arti; coinvolgimento dei nervi cranici.
ENCEFALITEconfusione; alterazione del carattere; grave stanchezza e sonnolenza; perdita di memoria e di concentrazione; allucinazioni; convulsioni.
MENINGITErigidità del collo; mal di testa intenso; nausea; sensibilità alla luce.

Le manifestazioni neurologiche nei bambini

In età pediatrica le linee guida segnalano la paresi del nervo facciale come la manifestazione più comune della neuroborreliosi di Lyme, spesso associata all’interessamento dei muscoli oculari.

Indicano invece come eventi più rari:

Le indicazioni terapeutiche

Nel trattamento della neuroborreliosi le linee guida sottolineano l’importanza di una terapia antibiotica tempestiva e adeguata alle manifestazioni cliniche, indicando la doxiciclina e l’amoxicillina come farmaci di prima linea. Raccomandano inoltre il ricorso alla terapia endovenosa per le forme più gravi, segnalando che la scelta dell’antibiotico deve considerare le caratteristiche individuali del paziente (allergie, tollerabilità, gravidanza) e i sintomi specifici della malattia.

Le stesse linee guida forniscono anche nuove indicazioni terapeutiche:

  1. durata della cura antibiotica: sulla base di evidenze cliniche segnalano che due settimane di doxiciclina sono efficaci quanto sei settimane nel trattamento della neuroborreliosi precoce
  2. terapia nei bambini: rimuovono le restrizioni sull’uso della doxiciclina sotto gli 8 anni di età, pur riconoscendo l’utilità di ulteriori studi osservazionali prospettici
  3. nei casi di paralisi del nervo facciale: sconsigliano l’uso di corticosteroidi in combinazione con antibiotici quando la neuroborreliosi è probabile o confermata
  4. per la Sindrome post-trattamento (PTLDS): evidenziano che la terapia antibiotica non migliora sintomi persistenti come affaticamento, dolori, difficoltà cognitive, depressione.

Le linee guida scoraggiano l’uso di una crema antibiotica a scopo di profilassi dopo il morso di zecca. Mentre studi sugli animali con crema di azitromicina hanno mostrato buoni risultati protettivi, uno studio sull’uomo (controllato con placebo) non ha dimostrano alcun effetto. Da qui la mancata raccomandazione di un trattamento antibiotico locale.

Le raccomandazioni chiave sulla diagnosi

Le linee guida tedesche confermano che un’attenta valutazione clinica dei sintomi neurologici è indispensabile per riconoscere la neuroborreliosi, anche in assenza di una chiara storia di puntura di zecca.

Ribadiscono inoltre che:

Il valore delle indicazioni

Le linee guida contengo raccomandazioni basate sulle più recenti conoscenze scientifiche e si propongono di aiutare i medici a prendere decisioni informate nella cura dei pazienti con neuroborreliosi di Lyme.

Non sono vincolanti e riconoscono come determinante il giudizio medico esercitato durante la visita e il trattamento dei singoli pazienti.

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Un recente studio dell’Università di Vienna ha analizzato l’efficacia sul campo della vaccinazione contro l’encefalite da zecca (TBE).

L’indagine, basata sui dati di sorveglianza nazionale registrati dal 2000 al 2024, ha cercato di chiarire i fattori alla base dell’aumento dei casi di TBE verificatosi in Austria negli ultimi anni, nonostante il Paese abbia la copertura vaccinale più alta d’Europa.

Gravità e decessi

La malattia grave è stata documentata in 1.051 pazienti (878 con encefalite, 75 con encefalomielite e 98 con radicolite).

I decessi sono stati 26, corrispondenti a un tasso di mortalità dell’1,2% e hanno interessato:

L’efficacia del vaccino

In base ai dati la maggior parte dei casi di encefalite da zecche si è verificata in persone non vaccinate (84% dei casi) o vaccinate irregolarmente (11,5% dei casi).

Nel restante 4,5% dei casi la malattia ha colpito anche persone con ciclo vaccinale di base completo (tre dosi) ma non sempre aggiornato con i richiami previsti.

Il ruolo della regolarità

I ricercatori viennesi hanno identificato l’irregolarità del programma vaccinale come uno degli elementi chiave nell’aumento dei casi di Tbe.

Hanno evidenziato inoltre:

La ridotta adesione al programma vaccinale

La ricerca ha evidenziato anche un abbassamento graduale delle adesioni al programma nazionale di vaccinazione da parte della popolazione austriaca. Di conseguenza il tasso di copertura è sceso dall’85,4% (2000-2004) all’80,7% (2020-2024) alzando la quota di non vaccinati al 32%.

Per i ricercatori l’aumento recente dei casi di encefalite da zecca va attribuito in larga parte a questo andamento e alla irregolarità vaccinale.

L’aumento dei casi pediatrici: un dato da approfondire

Nonostante l’elevata efficacia del vaccino nei bambini, lo studio ha segnalato che dal 2001 sono stati documentati in Austria 66 casi di TBE in bambini vaccinati, a fronte di un solo caso registrato tra il 1979 e il 2000.

Da qui l’urgente necessità di ulteriori indagini per:

L’utilità della prevenzione vaccinale

I risultati dello studio hanno infine evidenziato l’impatto positivo e salvavita del vaccino e stimato che tra il 2000 e il 2024 la vaccinazione contro la TBE in Austria abbia evitato:

Hanno stabilito inoltre che una copertura vaccinale completa della popolazione avrebbe potuto impedire altri 2.100 casi.

Conclusioni

Lo studio indica la vaccinazione come lo strumento più efficace per prevenire la TBE e le sue complicanze, soprattutto nelle aree ad alta diffusione di zecche.

Segnala quale punto fondamentale la regolarità delle dosi e dei richiami.

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La Repubblica Ceca ha registrato numeri senza precedenti di malattie trasmesse da zecche nei primi nove mesi del 2025.

Secondo l’Istituto Nazionale di Sanità Pubblica sono quasi 600 le infezioni da encefalite da zecche (TBE) e ben 7.994 i casi di malattia di Lyme, con un picco di 2.646 nuovi casi ad agosto. Si tratta del dato più alto mai registrato dal 1986, anno di inizio della sorveglianza nazionale.

Il precedente record per la malattia di Lyme risale al 1995 con 6.302 casi.

Numeri destinati a crescere

Le autorità sanitarie prevedono che Lyme e TBE possano aumentare in autunno fino al 30%, segnando un nuovo primato.

A favorire l’impennata sarebbero diversi fattori:

Una rete di sorveglianza innovativa

A tutela della popolazione la Repubblica Ceca si è dotata di un sistema nazionale di sorveglianza che integra la previsione, la segnalazione delle malattie e la prevenzione.

L’attività delle zecche viene stimata attraverso modelli basati su temperatura e umidità, che alimentano un sistema pubblico di allerta precoce con indicazione anche delle aree più a rischio.

Sulla base delle previsioni vengono raccomandate misure preventive come uso di repellenti, abbigliamento protettivo e vaccinazione. Le informazioni sono diffuse attraverso un sito ufficiale di allerta e i principali media nazionali.

TBE: raccomandata la vaccinazione

La Cechia ha una delle più alte incidenze di encefalite da zecche in Europa. Anche se l’intero territorio è considerato endemico quasi un terzo di tutte le infezioni si verifica nella Boemia meridionale.

La vaccinazione contro la TBE è raccomandata per tutti i cittadini sopra i 12 mesi, ma la copertura resta limitata: circa il 40% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino, contro il 67% della Germania e l’81% dell’Austria.

Dal 2022 la vaccinazione è gratuita per gli over 50 e parzialmente rimborsabile dall’assicurazione sanitaria per le altre fasce di età.

I medici segnalano i casi confermati di TBE alle autorità sanitarie, contribuendo ad alimentare una banca dati nazionale.

Attenzione per i turisti

Il portale Healthy Travel raccomanda prudenza ai turisti che visitano la Repubblica Ceca soprattutto durante escursioni e attività all’aperto, per l’elevata possibilità di incorrere in punture di zecca.

Nel 2024 il Paese ha accolto oltre 10 milioni di visitatori stranieri, tra cui 435.000 italiani, sesto gruppo più numeroso.

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Il confine sottile tra sottodiagnosi e sovradiagnosi nella malattia di Lyme

La malattia di Lyme è un’infezione complessa e insidiosa, che può manifestarsi con sintomi molto diversi e poco specifici. In presenza del caratteristico eritema migrante (la tipica lesione cutanea che si allarga dal sito del morso di zecca) la diagnosi precoce è relativamente semplice, ma quando manca o i sintomi sono generici (dolore ai muscoli e alle articolazioni, malessere generale, cefalea, inusuale stanchezza) il rischio di sottodiagnosi, aumenta, ritardando un trattamento efficace.

Sottodiagnosi della malattia di Lyme: rischi e cause

La sottodiagnosi si verifica soprattutto nelle prime fasi, quando manca l’eritema migrante (20-40% dei casi) e i test sierologici possono risultare negativi perché gli anticorpi non si sono ancora formati.

Sintomi generici di natura neurologica, reumatologica e cardiaca possono facilmente confondere i medici e portare a una diagnosi errata.

Un’accurata raccolta dell’anamnesi sulla possibile esposizione alle zecche (attività all’aperto, viaggi, punture di zecca) diventa essenziale per mantenere alto il sospetto clinico.

La sovradiagnosi: quando la diagnosi di Lyme si “allarga” troppo

L’aumento della consapevolezza della malattia può determinare, in alcuni casi, il rischio opposto: la sovradiagnosi, con errata attribuzione alla Lyme di sintomi in realtà causati da altre patologie.

Disturbi come stanchezza eccessiva, dolori diffusi e difficoltà cognitive possono derivare da diverse altre condizioni: fibromialgia, sindrome da fatica cronica, long-Covid o, come segnalato da un recente studio scientifico, infezioni del cavo orale.

La diagnosi non supportata da test affidabili può quindi portare a errori diagnostici e terapeutici ed esporre i pazienti a cicli prolungati e non necessari di cure antibiotiche.

La diagnosi basata sull’evidenza

La chiave per superare queste difficoltà richiede l’integrazione di:

L’approccio integrato permette di ridurre gli errori diagnostici e fornire cure appropriate e tempestive.

La sindrome post-trattamento (PTLDS)

La PTLDS (Post-Treatment Lyme Disease Syndrome) rappresenta un capitolo a parte e riguarda un limitato numero di pazienti (circa 10-20%) che dopo la terapia antibiotica continua a manifestare dolore, affaticamento e difficoltà cognitive per mesi o anni.

La scarsa specificità dei disturbi, la loro intensità soggettiva, la circostanza che siano comuni ad altre malattie hanno contribuito a rendere la PTLDS una condizione medica controversa, purtroppo senza dare risposta ai pazienti che soffrono di sintomi reali e debilitanti.

Aiutare questi pazienti richiede un approccio medico basato su supporto clinico, monitoraggio e gestione mirata dei sintomi, evitando il ricorso a esami e terapie non validati.

La necessità di diagnosi accurate: il ruolo della ricerca e dei clinici

Riconoscere la malattia di Lyme in modo corretto e tempestivo coinvolge oggi sia i clinici sia la ricerca scientifica.

Quest’ultima è chiamata a intensificare l’impegno per lo sviluppo di test più affidabili, capaci di agevolare la diagnosi precoce e distinguere tra infezione attiva, passata o altre condizioni. Del pari, ai clinici è richiesta consapevolezza che la malattia di Lyme è in grado di imitare altre patologie e il suo riconoscimento deve basarsi su criteri rigorosi al fine di garantire a ogni paziente il trattamento giusto al momento giusto.

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La UMass Chan Medical School di Worcester (USA) ha concesso in licenza a Tonix Pharmaceuticals Holding Corp., azienda biotecnologica del New Jersey, i diritti mondiali su TNX-4800, un anticorpo monoclonale umano con azione a lunga durata progettato per prevenire la malattia di Lyme.

A differenza dei vaccini attualmente in sviluppo TNX-4800 richiede una sola somministrazione e offre immunità immediata contro la Borrelia burgdorferi, il batterio trasmesso dal morso di zecca che causa la malattia.

Cos’è un anticorpo monoclonale

Un anticorpo monoclonale è una proteina prodotta in laboratorio da un singolo clone di cellule immunitarie, capace di riconoscere in modo altamente specifico un solo bersaglio biologico, detto antigene.

È realizzato con tecniche di ingegneria genetica e immunologia cellulare in ambienti controllati, per garantire purezza e sicurezza.

Come funziona il TNX-4800

Il TNX-4800 è un anticorpo monoclonale completamente umano con emivita prolungata per mantenere la protezione nel tempo.

Il suo meccanismo d’azione si concentra sulla proteina A della superficie esterna (OspA) del batterio Borrelia burgdorferi. Legandosi a questa proteina, il TNX-4800 blocca la maturazione del batterio nell’intestino delle zecche infette, impedendo alla Borrelia di raggiungere la pelle nel punto del morso.

In pratica, l’anticorpo neutralizza il batterio direttamente nella zecca, prima della sua trasmissione.

Una protezione immediata e duratura

La somministrazione del TNX-4800 fornisce immunità immediata, un vantaggio significativo rispetto ai vaccini tradizionali che richiedono più dosi e tempo per l’attivazione del sistema immunitario.

Questo approccio potrebbe rivelarsi particolarmente utile per persone esposte stagionalmente alle zecche, come escursionisti, lavoratori forestali o residenti in aree ad alta incidenza della malattia di Lyme.

Passo avanti nella prevenzione della malattia di Lyme

Con il TNX-4800, Tonix Pharmaceuticals e UMass Chan aprono una nuova frontiera nella lotta alla malattia di Lyme, puntando su una strategia di prevenzione immediata che potrebbe cambiare radicalmente la gestione del rischio da morso di zecca.

Restano da definire i tempi di sperimentazione clinica e l’approvazione regolatoria, ma le prospettive sono promettenti.

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Uno studio pubblicato nei giorni scorsi su Pathogens e condotto in Croazia orientale tra il 2023 e il 2025 evidenzia un’ampia diffusione di zecche nei parchi urbani e segnala un elevato rischio per la salute umana.

Le ricerche, effettuate nelle città di Osijek, Vukovar e Vinkovci, mostrano che la specie più comune è l’Ixodes ricinus (zecca dei boschi), principale vettore della malattia di Lyme e dell’encefalite da zecche (TBE).

Alta densità di zecche nel verde delle città

I ricercatori hanno raccolto oltre 700 zecche in habitat cittadini, rilevando una concentrazione più alta nei punti di contatto tra parchi urbani e aree naturali o rurali.

La zecca dei boschi è risultata la più diffusa a Osijek (oltre il 90% degli esemplari trovati) e a Vinkovci (circa il 70%), mentre a Vukovar si è rivelata prevalente la zecca del cane (Rhipicephalus sanguineus). Entrambe le specie sono serbatoi e vettori di vari agenti patogeni.

Le zone ai margini cittadini hanno inoltre evidenziato una densità maggiore di zecche, spiegata con:

–             la proliferazione di fauna selvatica, ospite comune di zecche

–             la facilità di contatto tra fauna selvatica, persone e animali domestici.

Conferme da altre città europee

Lo studio croato conferma risultati simili a quelli ottenuti in diverse città europee, tra cui Stoccolma, Berlino, Hannover, Budapest, Varsavia, Bristol e Southampton.

Anche in queste località sono state trovate zecche in parchi e aree ricreative urbane insieme alla presenza di animali selvatici, favorita da disponibilità di cibo, temperature più miti e assenza di predatori.

Impatto sulla salute pubblica

Per i ricercatori, la diffusione di zecche nei parchi urbani:

–             aumenta il rischio di trasmissione di virus, batteri e parassiti responsabili di malattie serie e in alcuni casi anche gravi

–             può avere conseguenze epidemiologiche rilevanti nelle città, con la nascita di focolai d’infezione.

Prevenzione e consapevolezza

I risultati dello studio sottolineano che non solo le zone boschive, ma anche le aree verdi urbane espongono al rischio di morsi di zecca. Frequentare i parchi cittadini, passeggiare con il cane, svolgere attività ricreative all’aperto può quindi esporre a punture infettanti e potenzialmente pericolose.

Gli autori segnalano infine che l’abbondante diffusione negli habitat urbani della zecca dei boschi (Ixodes ricinus), principale vettore della malattia di Lyme e del virus TBE, “può rappresentare un rischio significativo per la salute umana” e causare un aumento dei casi di infezione.

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In Trentino è stato individuato un nuovo focolaio di encefalite da zecche (Tbe). Riguarda i comuni di Canal San Bovo, Predazzo, Ziano di Fiemme e Mezzano dove si sono registrati diversi casi inaspettati di Tbe neuro-invasiva.

A darne notizia è uno studio coordinato dalla Fondazione “Mach” di San Michele all’Adige, pubblicato sul numero di settembre della rivista Elsevier.

Cosa rivelano i dati

Lo studio riferisce che dal 2022 al 2024 i casi di Tbe rilevati nell’area sono stati del tutto imprevisti, perché la malattia non era mai segnalata in precedenza.

In particolare il comune di Canal San Bovo si è distinto con un cluster di sette casi neuro-invasivi nel 2022, cui hanno fatto seguito altri quattro casi di malattia, localizzati a:

L’area coinvolta

Il focolaio descritto dallo studio interessa il territorio del Trentino orientale che comprende i comuni di:

La Tbe in Trentino: un trend in crescita

Dal 2017 esiste il sistema nazionale di sorveglianza delle infezioni neuro-invasive di TBE, al quale la Provincia Autonoma di Trento ha segnalato un crescente numero di casi, che ha raggiunto il suo massimo nel 2022.

Anche nel 2025 la Provincia ha tuttavia dimostrato un numero elevato di casi (oltre un terzo dei casi nazionali), come evidenziato dall’ultima rilevazione dell’Istituto Superiore di Sanità.

La diffusione della Tbe: il ruolo della fauna

Lo studio sottolinea come gli animali selvatici e l’avifauna possano svolgere un ruolo chiave nella diffusione delle zecche infette e nell’insorgenza di nuovi focolai:

In questo modo, anche aree che non sono state precedentemente segnalate come zone a rischio possono diventarlo, se raggiunte da fauna infetta o zecche provenienti da altri focolai di malattia.

Semi di faggio e abete rosso, topi di bosco e aumento del rischio

Lo studio segnala anche la connessione tra abbondanza di semi arborei (faggio e abete rosso) e l’aumento delle popolazioni di roditori boschivi, che rappresentano i serbatoi principali del Tbe-virus (TBEV) e sono ospiti preferiti delle zecche soprattutto nei primi stadi di sviluppo.

In annate in cui la produzione di semi è particolarmente elevata (fenomeno noto come “mast seeding”), i roditori dispongono di una maggiore disponibilità di cibo, con conseguente incremento delle loro popolazioni. Quando larve o ninfe di zecche si alimentano su di loro possono acquisire il virus e trasmetterlo con i morsi successivi, diventando efficienti vettori di infezione.

I consigli e le indicazioni dello studio

I ricercatori evidenziano il ruolo cruciale delle attività in grado di mitigare il rischio di Tbe, indicando in particolare l’importanza di:

  1. una sorveglianza integrata e a lungo termine del territorio e della fauna, insieme alla valutazione dei fattori che influenzano la circolazione del Tbe-virus,
  2. il monitoraggio di indicatori dell’attività virale nel territorio.
  3. le strategie di controllo per prevedere nuove aree con maggiore probabilità di insorgenza della malattia.

Indirettamente lo studio indica l’utilità di promuovere una rete di collaborazione fra istituzioni locali e servizi sanitari per limitare l’insorgenza di nuovi possibili casi umani di Tbe.

L’invito alla vaccinazione delle autorità sanitarie

Dopo i due casi mortali di encefalite da zecche accertati in Trentino nel luglio 2022 e nel gennaio 2023 le autorità sanitarie provinciali hanno promosso costanti campagne di sensibilizzazione, invitando residenti e turisti a prevenire la malattia attraverso la vaccinazione.

L’invito alla prevenzione poggia sulla potenziale gravità della malattia e sul fatto che la distribuzione del Tbe-virus è irregolare, con focolai che potrebbero essere stabili o altamente variabili nello spazio e nel tempo.

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Pubblicato il: Novembre 24, 2025

Lyme in Sardegna: un rischio silente

Pubblicato il: Novembre 3, 2025

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Pubblicato il: Ottobre 27, 2025

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