Siamo arrivati a Natale e alla vigilia di un nuovo anno.
A tutti coloro che ci seguono rivolgiamo i migliori auguri di buone Feste e un ringraziamento sincero per averci accompagnato con apprezzamento e fiducia.
Grazie per averci stimolato con domande, commenti e condivisioni e per aver rafforzato il nostro impegno a promuovere un’informazione attendibile nell’insidioso “mare” di internet.
Grazie per aver dato vita ad una comunità virtuale sempre più consapevole dei rischi legati al morso di zecca, delle malattie che possono derivare, dell’importanza di usare la prevenzione come arma di difesa.
Novità in arrivo
Anche nel 2025 continueremo a proporre articoli informativi, approfondimenti e risorse utili a migliorare le conoscenze sulla malattia di Lyme, la Tbe (encefalite da zecche) e le tante possibili coinfezioni ad esse associate.
Abbiamo però in serbo anche un nuovo progetto: rinnovare completamente il sito e offrire un’esperienza ancora più utile, intuitiva e coinvolgente.
Per ricaricare le energie, raccogliere le idee e dedicarci al programma che abbiamo in serbo per il futuro, metteremo in pausa le news per tre settimane. Un tempo un po’ lungo, ma necessario per pianificare il lavoro che ci attende e scandirne le tappe.
Ritorneremo online il20 gennaio, fiduciosi di poter sempre contare sul vostro appoggio, sulla condivisione dell’impegno e sul desiderio di scoprire le novità in arrivo.
A tutti Buon Natale e un 2025 foriero di salute e ricco di soddisfazioni!
Con affetto e gratitudine
Maurizio Ruscio e il team di www.morsodizecca.it
Le Hyalomma marginatum, note come zecche giganti e conosciute per la loro capacità di trasmettere gravi malattie come la febbre emorragica Crimea-Congo (CCHF), hanno trovato il modo di diffondersi a bordo delle automobili. Lo rivela l’ Agenzia austriaca per la salute e la sicurezza alimentare (Vienna), segnalando diversi casi di Hyalomma marginatum “importati da viaggiatori con auto private” al rientro da una vacanza in Croazia.
La notizia è contenuta in una comunicazione dell’Agenzia viennese, pubblicata sul numero di novembre della rivista scientifica Ticks and Tick-borne Diseas e indica il traffico turistico come nuovo e potenziale mezzo di espansione delle zecche Hyalomma nei Paesi europei.
Un serio problema di salute pubblica
A causa della loro capacità di trasmettere il virus della febbre emorragica Crimea-Congo (CCHFV) e varie specie di Rickettsia, l’espansione delle Hyalomma marginatum è motivo di seria preoccupazione in Europa.
La febbre emorragica di Congo-Crimea è un’infezione grave e con un alto potenziale di trasmissione. Risulta infatti:
– altamente contagiosa (può diffondersi da persona a persona respirando goccioline infette emesse con tosse e starnuto o tramite contatto con sangue, escrezioni, mucose e ferite cutanee; il contagio può inoltre avvenire maneggiando tessuti, sangue e liquidi biologici di bestiame infetto)
– priva di una terapia specifica (le cure prevedono l’impiego di antivirali e mirano a ridurre i sintomi; nei casi più gravi sono finalizzate a supportare le funzioni vitali della persona malata. I trattamenti rendono necessario il ricovero in ospedale e l’isolamento del paziente)
– con un tasso di mortalità di circa il 30%.
La malattia è endemica nei Balcani, in Africa, Medio Oriente e Asia.
L’espansione delle Hyalomma, primario vettore della Febbre emorragica di Congo-Crimea, è strettamente vigilata dalle autorità europee, soprattutto dopo i casi mortali registrati in Spagna, l’ultimo dei quali risale a maggio 2024.
Le vie di diffusione
Fino ad oggi la principale via di introduzione delle zecche Hyalomma all’interno dei Paesi UE è stata attribuita agli uccelli migratori e al commercio di bovini e ungulati selvatici portatori di zecche.
Le rilevazioni dell’Agenzia austriaca suggeriscono il possibile ruolo del traffico turistico e individuano la Croazia – stato membro dell’Unione Europea situato nella penisola balcanica – come “regione endemica più vicina in cui è insediata la Hyalomma”.
Stante il notevole flusso di viaggiatori registrato dal litorale croato è importante incoraggiare quanti si recano in vacanza nella fascia costiera adriatica a essere molto prudenti, soprattutto nel periodo primaverile ed estivo.
Attenzione ad abiti e bagagli
L’Agenzia viennese sottolinea che le zecche Hyalomma possono:
– attaccarsi agli abiti
– introdursi facilmente nei bagagli contenenti gli abiti indossati
– essere trasportate in auto insieme a valigie, borse, zaini.
A differenza delle comuni zecche (come l’Ixodes ricinus, la diffusa “zecca dei boschi) si muovono velocemente e possono introdursi con facilità nelle auto.
Il trasporto involontario di esemplari al rientro dalle vacanze o da un’escursione nei siti naturali e costieri della Croazia può quindi favorire l’insediamento di una popolazione di Hyalomma in prossimità dell’abitazione di residenza o addirittura al suo interno.
Grande cura va riservata anche agli animali da compagnia, che potrebbero ospitare esemplari di zecche e diventare un involontario strumento di diffusione, oltre che un bersaglio di infezioni.
Una necessaria sorveglianza
La comunicazione della Agenzia austriaca per la salute e la sicurezza alimentare documenta per la prima volta l’introduzione di zecche Hyalomma tramite auto private e sottolinea la necessità di monitorare attentamente “questa nuova rotta di migrazione” in particolare durante la stagione estiva, quando si registra un aumento dei viaggi verso le coste e isole croate.
Segnala inoltre l’importanza di rendere i turisti consapevoli della possibilità di:
– subire un morso di zecche Hyalomma
– trasportare inavvertitamente alcuni esemplari di Hyalomma in auto, contribuendo alla loro espansione in nuovi siti e nuove aree, compreso l’ambiente domestico.
Evidenzia che nessuna delle zecche Hyalomma importate da viaggiatori austriaci è risultata infetta dal virus della febbre emorragica di Crimea-Congo, ma sottolinea che una dei sei sottoposte ad analisi “è risultata positiva al test per la Richettsia aeschlimannii, responsabile della febbre maculosa e in grado di causare anche epatite acuta”.
L’indicazione per turisti e autorità sanitarie
La rilevazione austriaca rimarca:
– la necessità di progetti di sensibilizzazione volti a contenere la diffusione delle zecche Hyalomma per evitare la trasmissione di malattie serie e potenzialmente gravi
– l’effetto dei cambiamenti climatici, in grado di consentire alle zecche Hyalomma di trovare habitat adatti per l’insediamento permanente in nuove aree (come rilevato di recente sul Carso triestino), aumentando i rischi per la salute umana e animale.
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Fonte immagine:
Hyalomma (Hyalomma) marginatum CLKoch, 1844 – Francia – Régis Hocdé (su licenza http://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/)
Le zecche sono in grado di sopravvivere a eventi meteorologici estremi, anche accompagnati da periodi di gelo intenso.
Lo rivela uno studio dell’Università di Hannover (Germania) che dimostra la capacità dell’Ixodes ricinus (la comune zecca dei boschi) di superare un’inondazione seguita dal congelamento della superficie dell’acqua e di riprendere la ricerca dell’ospite non appena normalizzate le condizioni meteo-ambientali.
Gli eventi analizzati dallo studio
Tra dicembre 2023 e gennaio 2024 la Germania settentrionale è stata colpita da forti piogge, responsabili di inondazioni diffuse anche in diverse aree della città di Hannover.
Una di queste aree, situata vicino al fiume Leine, è stata sommersa per almeno 50 centimetri dal 25 dicembre 2023 al 19 gennaio 2024 (25 giorni). In tale periodo si sono verificati anche due episodi di freddo intenso che hanno causato il congelamento della superficie dell’acqua (dal 10 al 12 gennaio e dal 17 al 19 gennaio 2024).
A partire dal successivo 7 febbraio, dopo soli 20 giorni dalla cessazione dell’evento alluvionale, sono stati raccolti nella zona diversi esemplari di zecche Ixodes ricinus in piena attività.
Le scoperte
L’inondazione e la comparsa di ghiaccio sulla superficie dell’acqua hanno avuto un impatto minimo sull’abbondanza di zecche ixodide, indicando:
– la loro capacità di restare in vita sott’acqua
– la loro straordinaria resilienza, adattandosi a eccezionali condizioni climatico-ambientali.
Poiché le Ixodes ricinus rappresentanoi più importanti vettori della malattia di Lyme, dell’encefalite da zecche (Tbe) e di altre numerose co-infezioni in Europa, la loro sopravvivenza a fenomeni estremi indica che possono rappresentare un potenziale rischio di infezione anche dopo intense calamità naturali.
Le verifiche
I ricercatori tedeschi continueranno il monitoraggio del sito allagato per accertare se gli eventi dell’inverno scorso possono indurre effetti a lungo termine nelle zecche dell’area.
In particolare verificheranno se le modifica dell’habitat naturale andranno a influenzare la fauna selvatica dell’area e la disponibilità di ospiti in grado di infettare le zecche (es. topi di bosco).
Lo scopo è far luce su come un evento meteorologico estremo possa condizionare il rischio di esposizione agli agenti patogeni.
Sfatati tre falsi miti
Indirettamente lo studio demolisce tre credenze molto diffuse:
– le zecche muoiono con il freddo (in realtà per ucciderle servono temperature che si protraggono al di sotto dei -20 gradi centigradi)
– le zecche non sopravvivono sott’acqua (al contrario sono molto resistenti e possono sopravvivere per tempi relativamente lunghi sott’acqua)
– le zecche vanno “in letargo” durante l’inverno (il fenomeno, noto come diapausa, è fortemente condizionato dai cambiamenti climatici: inverni poco freddi e umidi rendono le zecche attive praticamene tutto l’anno).
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Trovare una zecca sulla pelle di un bambino può generare ansia e indurre i genitori a cercare assistenza medica per rimuoverla o per verificare se l’auto-rimozione è stata corretta. Fondamentale è togliere la zecca il più rapidamente possibile: meno rimane sulla pelle, più si riduce il rischio di infezione. Vale anche se la rimozione è parziale: interrompe in ogni caso la possibile trasmissione di agenti infettivi.
La parte di zecca rimasta nella pelle potrà essere estratta in seguito come un qualunque corpo estraneo. La zona del morso va poi disinfettata (con prodotti che non colorano la pelle) o lavata con acqua e sapone.
Non di rado viene consultato anche il pediatra di fiducia per sapere se sono necessari gli antibiotici.
Cosa dicono le linee guida europee
La somministrazione di un antibiotico al bambino dopo un morso di zecca non è una pratica raccomandata dalle linee guida europee.
Va ricordato infatti che:
– non tutte le zecche sono infette e quindi in grado di trasmettere malattie
– l’antibiotico può risultare utile contro le infezioni batteriche, come il morbo di Lyme, ma del tutto inadeguato contro le infezioni virali, come l’encefalite da zecche (Tbe).
Anche nell’eventualità di un uso corretto, l’antibiotico può rivelarsi inefficace (per dosaggio, tipologia di farmaco, durata del trattamento) e ritardare la diagnosi di malattia, impedendo un precoce e adeguato trattamento.
Le indicazioni americane
L’Infectious Diseases Society of America (IDSA) suggerisce la terapia antibiotica preventiva per adulti e bambini entro 72 ore dalla rimozione di una zecca nelle situazioni ad alto rischio.
L’IDSA definisce un morso di zecca ad alto rischio quando soddisfa questi tre criteri:
– il tipo di zecca è identificata come vettore caratteristico di agenti batterici
– il morso di zecca è avvenuto in un’area altamente endemica
– la zecca è rimasta attaccata alla pelle per 36 o più ore.
In generale l’indicazione non è condivisa dai Centri americani per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) e comporta una procedura, quella di identificare la zecca rimossa dalla pelle, non sempre facile o agevole.
L’approccio corretto
A livello internazionale viene raccomandata un’attenta osservazione del bambino nei giorni e nelle settimane seguenti all’asportazione della zecca, consultando subito il medico di fiducia se:
– compare nella zona del morsoun arrossamento che tende a ingrandirsi lentamente
– si manifestano sintomi di tipo influenzale come febbre, mal di testa, dolori muscolari, stanchezza.
La raccomandazione vale anche se non è avvenuta la rimozione della zecca ma il bambino ha frequentato una zona in cui è nota la presenza di zecche e delle malattie da loro trasmesse.
L’ eruzione sulla pelle che deve insospettire
La presentazione di un arrossamento piatto, non pruriginoso che si espande gradualmente (alcuni millimetri al giorno), può essere la prima manifestazione della malattia di Lyme.
La lesione è chiamata Eritema migrante (EM) e indica precocemente l’esistenza dell’infezione. In un’alta percentuale di casi appare entro 3-30 giorni dal morso di zecca (con maggiore frequenza nella seconda settimana dopo il morso).
Può presentarsi in ogni parte del corpo ma nei bambini è frequente sulla testa e sul collo.
Un adeguato trattamento antibiotico (dosato in base al peso corporeo, a eventuali allergie ai farmaci, a possibili altri sintomi concomitanti) garantisce di norma la completa e rapida guarigione.
In assenza di cure l’Eritema migrante si risolve spontaneamente in un arco di tempo che va da diversi giorni a diverse settimane (in media oltre le 4 settimane), ma ciò non indica che l’infezione sia scomparsa. Può anzi accompagnarsi a un’evoluzione della malattia di Lyme verso complicazioni neurologiche, articolari e cardiache.
Le lesioni da monitorare
L’eritema migrante può anche presentarsi con un aspetto a bersaglio oppure in una forma irregolare. Ad esempio:
– con un tenue segno arrossato
– come lesione uniformemente eritematosa
– in modo simile a una ecchimosi
– con vescicole.
Per le sue tante manifestazioni l’Eritema migrante può essere confuso con uno o più punture di insetto. L’elemento da considerare è l’aumento di diametro della lesione, che va sempre segnalato al medico di fiducia per confermare o escludere la malattia di Lyme.
Più raramente l’eritema si accompagna ad “arrossamenti” multipli su parti diverse del corpo, anche distanti tra loro. Può essere il risultato di più morsi di zecca o indicare la prima diffusione della malattia e associarsi anche a sintomi generali come dolore ai muscoli e alle articolazioni, malessere, cefalea, affaticamento.
Anche in questi casi è necessario sentire un parere medico per intraprendere il corretto trattamento antibiotico.
Il nodulo all’orecchio
È una lesione non rara nei bambini colpiti dalla malattia di Lyme. Il suo nome è Lymphadenosis Benigna Cutis (LBC). Si presenta come una placca o un nodulo singolo, indolore, di colore rosso-bluastro, situato il più delle volte sul lobo dell’orecchio o sul padiglione auricolare.
In assenza di trattamento la lesione può persistere per mesi ed essere seguita da altri sintomi causati dal morbo di Lyme.
Quando servono gli esami del sangue
La comparsa dell’Eritema migrante e degli Eritemi multipli consente immediatamente di:
– fare diagnosi di malattia di Lyme senza necessità di esami sierologici
– iniziare subito un’efficace terapia antibiotica.
I test di laboratorio sono utili per confermare la diagnosi se eseguiti almeno 2 settimane dopo la presentazione di lesioni sulla pelle (la produzione degli anticorpi rilevabili dai test è lenta e talora richiede fino a otto settimane dal morso).
Anticipare gli esami del sangue potrebbe dare un risultato falsamente negativo (per l’incompleta formazione di anticorpi) e ritardare l’avvio delle cure, permettendo alla malattia di progredire.
Come proteggere i bambini dalla malattia di Lyme e dalle altre infezioni trasmesse dalle zecche
Il metodo migliore è la profilassi pre-esposizione, contenuta nelle 5 raccomandazioni che seguono:
– vestire i bambini con indumenti protettivi (maglie o camicie a maniche lunghe, pantaloni lunghi possibilmente infilati nei calzettoni, scarpe chiuse)
– applicare sulla pelle scoperta repellenti per zecche consigliati in base all’età e ad eventuali allergie, facendo attenzione a rispettare scrupolosamente le avvertenze riportate sui prodotti
– controllare accuratamente i bambini dopo un’escursione, una gita o dei giochi all’aperto, soprattutto nelle zone a rischio
– rimuovere subito le zecche trovate sulla pelle
– esaminare con attenzione il sito del morso durante i giorni e le settimane successive per individuare subito la caratteristica lesione chiamata Eritema migrante e iniziare un trattamento curativo precoce e adeguato.
Nei casi dubbi la lesione va osservata per 24-28 ore, valutando la sua lenta espansione. Il consiglio è di circoscriverla con un pennarello e verificare se nell’arco di 1 o 2 giorni il suo diametro è andato oltre il perimetro tracciato.
In questa ipotesi, così come nell’eventualità di febbre improvvisa e di origine sconosciuta, è raccomandato rivolgersi rapidamente al medico per le cure più adatte.
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Ai pazienti con malattia di Lyme e soprattutto a quanti sviluppano sintomi persistenti dopo il trattamento (dolore, disturbi neuro-cognitivi, affaticamento) sono proposte – non di rado – terapie alternative, come quella con ossigeno iperbarico. Prevede la somministrazione di ossigeno ad alte pressioni, per diverse sedute, all’interno di un ambiente chiuso.
Vantaggi e controindicazioni del trattamento iperbarico sono stati recentemente approfonditi dall’associazione americana no profit Global Lyme Alliance con la pubblicazione di un articolo dove riassume “lo stato attuale della ricerca sul suo utilizzo per la malattia di Lyme, con rischi e benefici”.
I punti salienti
L’articolo, intitolato “Scopri di più sulla terapia con ossigeno iperbarico (HBOT) come potenziale trattamento per la malattia di Lyme, sulla sua efficacia, sui rischi e sugli attuali risultati della ricerca”, segnala che:
– non è un percorso terapeutico approvato dalla FDA (l’Agenzia federale statunitense sulla regolamentazione dei prodotti farmaceutici) per la borreliosi di Lyme
– ci sono prove molto limitate che migliori i sintomi persistenti della malattia.
A questo riguardo l’articolo menziona:
– un unico caso di successo documentato a Taiwan, in un paziente con malattia di Lyme persistente che ha sperimentato una significativa attenuazione dei sintomi (dolore alle articolazioni, spasmi oculari, disturbi del sonno, intorpidimento delle estremità e scarsa memoria a breve termine) dopo essersi sottoposto a trenta sedute di terapia iperbarica da 90 minuti.
Il rapporto sul caso non fornisce tuttavia indicazioni né sulla durata dei benefici, né sull’eventuale ricomparsa dei sintomi;
– una singola ricerca che suggerisce la possibile capacità dell’ossigeno iperbarico di inibire la crescita della Borrelia, il battere responsabile della malattia di Lyme, in base a test di laboratorio e sperimenti condotti sui topi.
La ricerca però non ha avuto alcun seguito e non risultano ulteriori studi in proposito.
I dati riferiti dai pazienti
L’articolo riporta anche i dati sull’efficacia e gli effetti collaterali di diversi trattamenti alternativi per i sintomi di lunga durata della malattia di Lyme, raccolti dal sistema di indagine MyLyme Data Chart che traccia i progressi dei pazienti nel tempo, utilizzando le loro esperienze personali.
Secondo il MyLyme Data Chart Book del 2019:
– 347 pazienti hanno provato la terapia iperbarica
– il 22% ha riportato un’efficacia
– il 13% ha accusato effetti collaterali da moderati a gravi.
I possibili rischi
L’articolo segnala che il trattamento iperbarico è generalmente una procedura sicura, ma non è esente da rischi, come:
– lesioni all’orecchio medio (tra cui perdite di fluido e rottura del timpano)
– miopia temporanea
– collasso polmonare
– convulsioni da troppo ossigeno
– bassi livelli di zucchero nel sangue di persone diabetiche trattate con insulina.
L’invito alla prudenza
L’articolo della Global Lyme Alliance conclude con questa indicazione: “Sono necessarie ulteriori ricerche e sperimentazioni cliniche per determinare se il trattamento iperbarico aiuta davvero i pazienti colpiti dalla malattia di Lyme e quanti soffrono di sintomi prolungati post trattamento”.
Dagli Stati Uniti al Canada
Anche l’Università McGill di Montréal (Canada) è intervenuta di recente sulla terapia con ossigeno iperbarico sottolineando che la sua utilità è dimostrata:
– nella malattia da decompressione (che colpisce tipicamente i subacquei che risalgono troppo rapidamente in superficie)
– in caso di avvelenamento da monossido di carbonio.
L’Università canadese indica inoltre che:
– si sono registrati alcuni benefici del trattamento iperbarico in pazienti con lesioni da schiacciamento
– il suo impiego nelle ferite croniche come le ulcere del piede diabetico ha mostrato un miglioramento a breve termine, ma non a lungo termine
– i dati sulle ustioni sono deludenti.
La stessa Università lancia anche un avviso (ripreso dal The Montreal Gazette dello scorso 24 settembre): “ci sono cliniche private che offrono la terapia con ossigeno iperbarico. Molti sostengono che guarirà tutto, dagli infortuni sportivi alla malattia di Lyme all’autismo.[…] Ma l’ossigeno iperbarico non è una pseudoscienza. È una terapia medica valida. Semplicemente non farà nulla di tutto ciò”.
L’indicazione
Prima di prendere in considerazione un trattamento iperbarico per la cura del morbo di Lyme e dei sintomi persistenti è consigliabile sentire il parere di un medico di fiducia, che conosce la malattia e le linee guida internazionali.
Per approfondire clicca qui:
https://www.globallymealliance.org/blog/hbot-hyperbaric-oxygen-therapy-and-lyme-disease
Fonte immagine:
https://www.globallymealliance.org/blog/hbot-hyperbaric-oxygen-therapy-and-lyme-disease
per gentile concessione di lymedisease.org/mylymedata
L’Ixodes ricinus, comunemente chiamata la “zecca dei boschi”, è un vettore importante di varie malattie, come la borreliosi di Lyme e la Tbe (encefalite da zecche). A causa del cambiamento climatico si prevede che la sua distribuzione aumenterà, portando a un aumento anche delle malattie trasmesse.
Lo rivela uno studio realizzato dall’Università di Ankara (Turchia), pubblicato nei giorni scorsi dalla Cambridge University Press. Secondo gli autori l’analisi dei parametri microclimatici e macroclimatici suggerisce una significativa espansione delle zecche Ixodes ricinus nello spazio europeo, in particolare nell’Europa settentrionale e orientale.
I riscontri
Una indiretta conferma delle proiezioni elaborate dai ricercatori di Ankara viene dalle mappe del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), le quali mostrano un progressivo ampliamento dell’areale di distribuzione delle Ixodes ricinus all’interno della UE. Nel 2023 le rilevazioni periodiche dell’ECDC hanno indicato una crescita costante di nuove segnalazioni:
– 1780 a febbraio 2023
– 2618 ad agosto 2023
– 1057 a ottobre 2023.
I dati mostrano l’ampia presenza delle “zecche dei boschi” in una vasta area geografica che si estende dal Portogallo alla Russia, con nuovi insediamenti in:
– Islanda
– Finlandia settentrionale
– Nord della Sardegna
– parte della Sicilia orientale.
È un chiaro segnale che le zecche hanno modificato i loro modelli di distribuzione e sviluppato una notevole capacità di adattamento a diverse condizioni ambientali.
Monitoraggio, cambiamento climatico ed effetti sulla salute
Poiché le Ixodes ricinus possono trasmettere diversi agenti patogeni d’importanza medica, l’attività di sorveglianza sulla loro diffusione e le proiezioni sui futuri insediamenti hanno l’obiettivo di fornire indicazioni per elaborare strategie di prevenzione.
Le variazioni del clima e nei modelli delle precipitazioni contribuiscono a espandere il raggio d’azione delle zecche verso nuove aree geografiche, con siti di insediamento e riproduzione all’interno di zone un tempo considerate inospitali.
Periodi di prolungato bel tempo e temperature sopra la media stagionale, come quelle registrate nell’ultimo periodo, stanno inoltre estendono l’attività stagionale delle zecche con un incremento delle malattie legate al loro morso. Lo sottolinea l’ultimo aggiornamento del sistema di sorveglianza nazionale sui casi di Tbe neuro-invasiva, passati dai 45 del 10 ottobre ai 50 del 7 novembre 2024.
Il messaggio
Per proteggere la propria salute è necessario non abbassare la guardia e ricordare che le zecche possono rappresentare un rischio in ogni luogo all’aperto, praticamente tutto l’anno!
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Fonte immagine www.pexels.com
Mentre prosegue la sperimentazione clinica del VLA15, il candidato vaccino di Pfizer-Valneva per la prevenzione della malattia di Lyme, c’è una notevole spinta allo sviluppo di vaccini che prendono di mira le zecche invece delle singole infezioni. L’obiettivo è prevenire la trasmissione di molteplici agenti patogeni dalle zecche all’uomo.
Un recente studio dell’Università di Yale (USA), pubblicato sul The Journal of Infectious Diseases, fa il punto sulle ricerche in corso sia per contrastare il morbo di Lyme, sia per delineare il nuovo approccio vaccinale anti-zecche.
I vaccini anti-Lyme
Le attuali strategie di immunizzazione sono mirate alla Borrelia, il battere responsabile della malattia di Lyme.
Della Borrelia esistono più specie in grado di causare l’infezione.
– in Europa le più diffuse sono tre: la Borrelia afzelii, la Borrelia garinii e la Borrelia sensu stricto che hanno come vettore principale la zecca dei boschi (Ixodes ricinus)
– in Nord-America prevale la Borrelia sensu stricto trasmessa principalmente dalla zecca dei cervi (Ixodes scapularis)
– nei Paesi asiatici è presente soprattutto la Borrelia garinii diffusa dalla zecca della taiga (Ixodes persulcatus).
Il vaccino di Pfizer e Valneva intende fornire protezione contro diverse specie di Borrelia e i risultati finora ottenuti dalla sperimentazione clinica sembrano promettenti.
Ulteriori studi sono orientati a testare altre formule vaccinali, come la piattaforma di RNA messaggero. Finora sperimentata solo sui topi, ha dato prova di limitare l’infezione e proteggere parzialmente dai sintomi della malattia di Lyme.
I vaccini anti-zecca
Invece di colpire una singola infezione, i vaccini anti-zecca si propongono di inibire l’alimentazione delle zecche, ostacolando così la trasmissione dei tanti agenti infettivi che le zecche possono veicolare durante il pasto.
Si tratta di un approccio innovativo, perché un singolo vaccino potrebbe bloccare la trasmissione di più malattie, semplicemente impedendo alle zecche di nutrirsi su un ospite vaccinato.
Un nuovo vaccino anti-zecche sperimentato Uguanda su allevamenti bovini ha fornito risultati molto incoraggianti, dimostrando una buona efficacia protettiva (98,8%) contro più infestazioni di zecche.
L’impegno europeo per un vaccino anti-zecca
Il progressivo aumento dei casi di malattia di Lyme, encefalite da zecche (Tbe) e babesiosi ha indotto l’Unione Europea a finanziare con quasi 3 milioni di euro il progetto ANTIDotE per lo sviluppo di un vaccino anti-zecca espressamente rivolto alla prevenzione delle infezionitrasmesse dall’Ixodes ricinus, la zecca dei boschi più diffusa in Europa, principale vettore del morbo di Lyme e della Tbe.
Attraverso la collaborazione di esperti in biologia delle zecche, genetica e bioinformatica, immunologia, vaccinologia ANTIDotE ha consentito di migliorare le conoscenze:
– sui processi molecolari coinvolti nell’alimentazione delle zecche Ixodes ricinus
– sulle modalità di trasmissione di patogeni come: il virus della Tbe, il batterio di Lyme e il protozoo della babesia
– sui meccanismi di risposta del sistema immunitario.
Ha inoltre contribuito:
– a far avanzare gli studi per identificare nuovi vaccini anti-zecca
– a fornire la prova di concetto che tali vaccini possono prevenire la trasmissione di molteplici patogeni dalle zecche nell’uomo, proteggendo da più malattie.
L’orizzonte dei vaccini “ottimizzati”
I progressi compiuti dalla vaccinologia attraverso l’applicazione di tecnologie immunogenetiche e omiche segnalano anche l’utilità di orientare le ricerche su vaccini anti-zecca basati:
– sulle specie di zecca più diffuse in una determinata a area geografica
– sugli agenti infettivi di cui sono vettrici.
Tale approccio dovrebbe portare allo sviluppo di vaccini altamente protettivi poiché “ottimizzati” sull’ecologia locale delle zecche e dei loro patogeni.
Le previsioni
Oggi esiste un vaccino “collaudato” contro l’encefalite da zecche e c’è un notevole impegno allo sviluppo di vaccini contro la malattia di Lyme.
Il passaggio ai vaccini anti-zecca rappresenta una strategia innovativa, che ha il potenziale di prevenire diverse infezioni. Sono tuttavia necessari ulteriori studi e ricerche per tradurre le scoperte finora realizzate in questa direzione in un farmaco sicuro, con ampie e dimostrate capacità protettive.
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Perché alcune persone guariscono rapidamente dal morbo di Lyme, mentre altre sperimentano mesi, anni o addirittura decenni di sintomi debilitanti? Una nuova ricerca della Tufts University – l’università privata del Massachusetts (USA) – cercherà di fare luce sulle cause della cosiddetta «malattia cronica» con l’obiettivo di far avanzare le conoscenze sui meccanismi che determinano i diversi esiti dell’infezione per trovarne i rimedi.
A finanziare lo studio con 20,7 milioni di dollari sono i National Institutes of Health (NIH), l’agenzia del governo americano più avanzata nella ricerca biomedica.
L’enigma di Lyme
In un’alta percentuale di casi la malattia di Lyme si risolve con un ciclo di antibiotici di due o tre settimane. Alcuni pazienti tuttavia continuano a manifestare sintomi di lunga durata, tra cui:
– affaticamento
– dolore muscolare
– difficoltà cognitive.
Il relativo quadro clinico è noto come Sindrome della malattia di Lyme post-trattamento o PTLDS – Post Treatment Lyme Disease Syndrome.
La PTLDS non ha una definizione univoca, né un trattamento specifico e non esiste un test diagnostico per riconoscerla. Non c’è accordo sulle cause che la determinano, sulla frequenza con cui si verifica e sulle stime relative al numero di casi. Questo perché ci sono diverse affezioni responsabili di analoghi sintomi persistenti, tra cui la fibromialgia, la sindrome da stanchezza cronica e il long-COVID.
L’ipotesi
Il team di ricerca guidato dalla Tufts University ipotizza che la Sindrome della malattia di Lyme post-trattamento sia da attribuire a più eventi combinati tra loro, come:
– la genetica del paziente
– la virulenza dei batteri infettanti
– infezioni precedenti con altri organismi patogeni.
Questo mix di fattori potrebbe alterare il funzionamento del sistema immunitario ed essere quindi all’origine della mancata guarigione.
Un’indagine su ampia scala
La nuova ricerca affidata alla Tufts University si propone di andare oltre le ipotesi e di far avanzare le conoscenze sulle cause dei sintomi persistenti mediante un’indagine su vasta scala che prevede l’arruolamento di 1.000 persone, con malattia di Lyme acuta, per un periodo di cinque anni.
I pazienti saranno individuati presso centri sanitari e studi medici suburbani e rurali situati in aree endemiche per la malattia di Lyme. Ogni paziente sarà seguito per un anno dal momento della diagnosi, con monitoraggio delle manifestazioni cliniche, raccolta di campioni biologici, registrazione degli effetti dei trattamenti.
I dati raccolti – hanno spiegato i responsabili dell’indagine – saranno analizzati ed elaborati da un’équipe multidisciplinare integrando epidemiologia, immunologia e microbiologia dell’infezione con l’obiettivo di acquisire nuove conoscenze sulla borreliosi di Lyme, trovare alcune risposte sul motivo per cui alcuni pazienti tornano in buona salute e altri sviluppano sintomi prolungati e alla fine fornire indicazioni sulle cure.
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Fonte immagine: https://restorativehealthsolutions.com/
La Tbe (encefalite da zecche) è una malattia virale trasmessa principalmente con il morso di zecche infette. La possibilità di essere contagiati attraverso trasfusioni di sangue e trapianti di organi, tessuti e cellule è estremamente rara.
Lo dichiara il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) nel rapporto pubblicato il 2 ottobre, dove riassume la valutazione delle prove disponibili sui rischi di trasmissione del Tbe-virus, concentrandosi in particolare sulle sostanze di origine umana (sangue, organi, tessuti, cellule).
Le evidenze
Nella sua valutazione il ECDC riporta:
– 28.680 casi di encefalite da zecche notificati in ambito europeo tra il 2013 e il 2022
– due casi segnalati di trasmissione del Tbe-virus tramite trasfusione di sangue da un singolo donatore
– tre casi segnalati di trasmissione del Tbe-virus tramite trapianto di organi, sempre da un singolo donatore.
Il Centro europeo sottolinea inoltre l’assenza di segnalazioni sulla trasmissione della malattia attraverso trapianti di tessuti e cellule.
Sulla base di tali evidenze considera il rischio di trasmissione del Tbe-virus mediante sostanze di origine umana un evento assai raro e la probabilità che la trasmissione porti a una malattia sintomatica molto bassa.
Un problema di salute pubblica
L’ECDC evidenzia che l’encefalite da zecche “rappresenta una crescente preoccupazione per la salute pubblica in Europa, con migliaia di casi segnalati ogni anno in particolare nell’Europa centrale e settentrionale”.
Rimarca la stagionalità dell’infezione, i cui picchi si registrano soprattutto tra aprile e novembre, quando le zecche sono più attive e aumentano anche le attività umane all’aperto.
Perché non va sottovalutata
Il Rapporto dell’ECDC segnala anche:
– un’alta percentuale di infezioni da Tbe-virus non diagnosticata per la presentazione clinica lieve o asintomatica della malattia
– l’andamento generalmente bifasico dell’infezione, con una fase iniziale simil-influenzale seguita da una seconda fase caratterizzata da infiammazione del sistema nervoso centrale.
Il Rapporto rimarca la potenziale gravità dell’encefalite da zecche, sottolineando:
– il permanere di conseguenze a lungo termine in un importante numero di pazienti con sintomi neurologici (dal 10 al 40%)
– un tasso di mortalità compreso tra lo 0,5 e il 2%.
Le raccomandazioni
Per l’ECDC l’aumento dei tassi di vaccinazione contro il Tbe-virus nelle aree dove la malattia è endemica potrebbe costituire una misura di prevenzione utile a migliorare anche la sicurezza complessiva delle trasfusioni di sangue e dei trapianti di organi, tessuti e cellule.
Suggerisce inoltre quali altre misure di prevenzione:
– il rinvio delle donazioni sangue da parte di quanti segnalano recenti punture di zecche
– l’esecuzione di specifici test sierologici e molecolari per individuare l’esposizione al Tbe-virus in donatori di organi, tessuti e cellule.
Il Rapporto dell’ECDC riconosce infine diverse incertezze relativamente all’infezione da Tbe-virus e suggerisce la necessità di continue ricerche, oltre che della vigilanza e controllo della malattia, per salvaguardare la salute pubblica.
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