Uno dei territori maggiormente interessati è quello dell’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) della Montagna, con i Distretti Valtellina-Alto Lario e Valcamonica.
Un pericolo che parte da lontano
Uno studio pubblicato nel 2019 ripercorre l’andamento della malattia di Lyme nel territorio lombardo dal 2000 al 2015, mostrando che nel periodo 2008 - 2015 il rischio di ammalarsi dopo un morso di zecca è aumentato di quasi 4 volte (3,73).
Stime, seppur non ufficiali, indicano inoltre che dal 2015 al 2019 i casi di malattia di Lyme sono stati oltre un centinaio, confermando il trend in crescita del periodo precedente.
La situazione nel 2020
Lo scorso anno, complici il clima favorevole e, probabilmente, il ritardo nello sfalcio dei prati conseguente al prolungarsi del lockdown, la Lombardia e, in particolare, il territorio dell’ATS della Montagna, ha rilevato due segnali di allarme:
- un notevole aumento di comunicazioni relative a morsi da zecca, anche in forma massiva
- la ridotta efficacia dei repellenti più diffusi in commercio, per cui alcune persone particolarmente esposte (fungaioli, cacciatori, operatori forestali, etc.) sono state colpite più volte nonostante i trattamenti preventivi.
Gli agenti infettivi
La stretta collaborazione attivata dall’ATS della Montagna con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia ed Emilia Romagna (IZSLER) ha portato a ricercare i patogeni pericolosi per l’uomo nelle zecche raccolte da persone (adulti e bambini) che hanno provveduto alla rimozione dei parassiti in forma “autonoma” oppure dopo essersi rivolti alle strutture sanitarie territoriali.
I risultati dell’indagine effettuata nel 2019 e nel 2020:
- hanno dimostrato un alto numero di campioni positivi per la Borrelia, agente della malattia di Lyme
- hanno dato esito negativo per il Tbe-virus, responsabile della temibile encefalite da zecche, diffusa invece nei territori contermini del Trentino e Canton Grigioni.
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